IL TRIBUNALE DI RAGUSA 
 
    Il Giudice, dott. Elio Manenti, premesso: 
    che nell'ambito del presente procedimento penale,  con  ordinanza
emessa in data odierna, e' stata fissata l'udienza  dell'8  settembre
2015 per l'assunzione della prova testimoniale; 
    che il giudizio in oggetto, attinente all'ipotesi di reato di cui
all'art. 187 c.d.s. ed in fase dibattimentale, non rientra  nei  casi
di cui agli articoli 91 e 92 ord. giud., 2 e  2-bis  della  legge  n.
742/1969; 
    che, sulla base della disciplina anteriore alla  novella  di  cui
all'art.  16  del  decreto-legge  n.  132/2014,  non  sarebbe   stata
possibile la fissazione di un'udienza istruttoria in data 8 settembre
2015; 
    che si ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  -  nei
termini  di  seguito  evidenziati  -  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  16  del  decreto-legge  n.  132/2014,  per
violazione degli articoli 3 e 77 Cost.; 
 
                               Osserva 
 
    1. L'art. 16 del decreto-legge n. 132/2014 (modifiche alla  legge
7 ottobre 1969, n. 742, e riduzione  delle  ferie  dei  magistrati  e
degli avvocati e procuratori dello Stato) dispone quanto segue: 
    «1. All'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, le parole "dal
1° agosto al 15 settembre di  ciascun  anno"  sono  sostituite  dalle
seguenti: "dal 6 al 31 agosto di ciascun anno". 
    2. Alla legge 2 aprile 1979, n. 97, dopo l'art. 8, e' aggiunto il
seguente: 
    "Art. 8-bis (Ferie dei magistrati e degli avvocati e  procuratori
dello Stato). - Fermo quanto disposto  dall'art.  1  della  legge  23
dicembre  1977,  n.  937,  i  magistrati  ordinari,   amministrativi,
contabili e militari, nonche' gli avvocati e procuratori dello  Stato
hanno un periodo annuale di ferie di trenta giorni.". 
    3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 acquistano  efficacia  a
decorrere dall'anno 2015. 
    4. Gli  organi  di  autogoverno  delle  magistrature  e  l'organo
dell'avvocatura dello Stato competente provvedono ad adottare  misure
organizzative conseguenti  all'applicazione  delle  disposizioni  dei
commi 1 e 2». 
    E' opportuno premettere  come  la  disposizione  in  oggetto  non
abbia, in realta', modificato l'art.  90,  comma  1  dell'Ordinamento
giudiziario di cui al regio decreto n. 12/1941 (ferie dei  magistrati
durante l'anno giudiziario), secondo cui i magistrati che  esercitano
funzioni  giudiziarie  hanno  un  periodo   annuale   di   ferie   di
quarantacinque giorni. 
    Si potrebbe, astrattamente, ipotizzare  che  la  riduzione  delle
ferie attenga unicamente ai magistrati ordinari in tirocinio e non  a
quelli con funzioni. 
    Senonche', la  volonta'  del  legislatore  di  procedere  ad  una
riduzione   delle   ferie   per   tutti   i   magistrati   (ordinari,
amministrativi, contabili e  militari)  -  con  o  senza  funzioni  -
nonche' per gli avvocati e procuratori dello  Stato  e  la  correlata
tacita abrogazione dell'art. 90, comma 1 ord. giud. sono evidenziate,
oltre che dai non equivoci comunicati del Governo, dalla inscindibile
correlazione tra il primo ed il secondo comma del citato art. 16. 
    In altri termini, non sarebbe stata  in  alcun  modo  efficace  -
nell'ottica di una piu' rapida definizione dei procedimenti e di  uno
smaltimento dell'arretrato la riduzione del  periodo  di  sospensione
feriale dei termini  processuali  (precedentemente  prevista  dal  1°
agosto al 15 settembre  e,  come  noto,  determinata  dalla  distinta
esigenza di assicurare riposo agli  avvocati  e  procuratori  legali:
Corte Cost., 29 luglio 1992,  n.  380,  ord.  n.  61/1992,  sent.  n.
255/1987) senza una contestuale  riduzione  del  periodo  di  congedo
ordinario riconosciuto ai magistrati. 
    L'obiettivo perseguito dal legislatore si concreta, invero, in un
(ulteriore)  aumento  di  produttivita'  in   sede   giurisdizionale,
finalita' anzitutto  connessa  al  numero  di  udienze  tenute  e  di
procedimenti definiti nel corso dell'anno  giudiziario:  e',  allora,
palese come l'eventuale mancata riduzione  delle  ferie  riconosciute
alla magistratura avrebbe reso infruttuosa la  contestuale  riduzione
del periodo di sospensione feriale dal 6  al  31  agosto  (l'art.  1,
comma 1 della legge n. 742/1969 disponeva che il decorso dei  termini
processuali  relativi  alle  giurisdizioni  ordinarie  ed  a   quelle
amministrative e' sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di
ciascun anno, e riprende  a  decorrere  dalla  fine  del  periodo  di
sospensione. Ove il  decorso  abbia  inizio  durante  il  periodo  di
sospensione,  l'inizio  stesso  e'  differito  alla  fine  di   detto
periodo). 
    Siffatto  rilievo,  che  discende  in  primis  da  mere   ragioni
aritmetiche,  risulta  ulteriormente  avvalorato  dalla   tendenziale
coincidenza - piu' volte ribadita dal C.S.M. - del congedo  ordinario
goduto dal magistrato con il periodo feriale fissato al principio  di
ogni anno (nell'ambito della stagione estiva) ai sensi  dell'ari.  90
ord. giud. (delibera dell'11 gennaio 1995; risposta a quesito del  21
luglio 1999; vedi anche la circolare del 20 aprile 2011), a sua volta
tendenzialmente coincidente con il periodo di sospensione feriale dei
termini processuali. 
    Il primo ed il secondo comma  del  richiamato  art.  16,  se  pur
attinenti a profili  distinti,  sono  pertanto  mossi  da  una  ratio
unitaria. 
    In presenza  di  una  riduzione  della  sospensione  feriale  dei
termini e' si' possibile  garantire,  con  opportuna  turnazione,  la
presenza di alcuni magistrati sul posto di lavoro durante il  periodo
in oggetto (v.  Corte  Cost.,  ord.  18  febbraio  1992,  n.  61);  e
tuttavia, laddove non fesse stato contestualmente ridotto il  periodo
di congedo ordinario riconosciuto ai magistrati, si sarebbe pervenuti
all'irragionevole risultato di dover  necessariamente  distribuire  i
quarantacinque giorni di cui all'art. 90 ord. giud. anche nell'ambito
di assai piu' ampi (rispetto  a  quelli  attuali)  periodi  dell'anno
esclusi  dalla  sospensione  feriale  dei  termini  processuali,   in
contrasto con la finalita' perseguita. 
    Ed e', allora, il combinato disposto  di  siffatte  previsioni  a
collidere - ad avviso di questo Giudice - con i principi di cui  agli
articoli 3 e 77 Cost. 
    La fissazione dell'udienza di assunzione della prova testimoniale
in  data  8  settembre  2015  discende,  peraltro,  anzitutto   dalla
riduzione del periodo di congedo ordinario di cui  all'art.  90  ord.
giud. - in relazione al disposto del successivo art. 91 (secondo cui,
durante il periodo feriale dei magistrati, le corti di appello  ed  i
tribunali ordinari trattano le  cause  penali  relative  ad  imputati
detenuti  o  a  reati  che  possono  prescriversi  o  che,  comunque,
presentano carattere di urgenza) - prima ancora  che  dalla  connessa
contrazione  del  periodo  di   sospensione   feriale   dei   termini
processuali. 
    2. La questione e', senz'altro, rilevante nel procedimento penale
in trattazione. 
    Va, al riguardo, sottolineato come - proprio nell'ambito  di  una
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della  legge  n.
742/1969 - la Consulta  abbia  gia'  ritenuto  rilevante  il  profilo
concernente la data di trattazione del procedimento: 
    «1. Il G.I. del Tribunale di Roma, in un procedimento in corso di
istruzione contro piu' imputati, tutti liberi, con  ordinanza  emessa
l'8  settembre  1975,  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 1 e  2,  primo  comma,  della  legge  7
ottobre 1969, n. 742, ritenendone il contrasto  con  gli  articoli  3
Cost., primo comma, e  24  Cost.,  secondo  comma.  Cio'  perche'  le
disposizioni di legge denunziate attribuiscono all'imputato  detenuto
ed al suo difensore e non anche all'imputato libero, alle altre parti
ed ai loro difensori la facolta' di rinunziare alla  sospensione  dei
termini processuali e non prevedono l'effetto estensivo  della  detta
rinunzia effettuata da una delle parti alle  altre  parti  che  detta
rinunzia non hanno effettuato. 
    2. In punto di rilevanza,  il  giudice  a  quo  afferma  che  "la
definizione del procedimento dipende, allo stato,  dalla  risoluzione
delle  prospettate  questioni"  e  che  il   giudizio   della   Corte
costituzionale "non puo' ovviamente trovare ostacolo nella  periodica
delimitazione temporale dell'efficacia della legge 1969,  n.  742,  e
nel fatto che dal 16 settembre riprenderanno a  decorrere  i  termini
processuali, che altrimenti si arriverebbe all'assurdo di considerare
la  legge  in  esame,  che  pure  incide  su  diritti  sanciti  dalla
Costituzione,  una   legge   insuscettibile   di   verificazione   di
legittimita' costituzionale".  A  sua  volta,  l'Avvocatura  generale
dello Stato sul punto medesimo, osserva che "nell'ordinanza di rinvio
e' stato omesso il giudizio  di  rilevanza,  essendo  stata  ritenuta
necessaria   la   risoluzione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale per ragioni diverse dalla definizione del  giudizio  a
quo". L'eccezione di inammissibilita' in  questo  modo  avanzata  non
puo' essere accolta, per quanto concerne la  questione  proposta  con
riferimento all'art. 3 Cost. Se, infatti,  e'  indiscutibile  che  il
giudice  a  quo,  nel  momento  in  cui  sollevava  la  questione  di
legittimita' costituzionale (8 settembre  1975),  ben  sapeva  essere
impossibile, non solo materialmente,  ma  anche  giuridicamente,  che
essa venisse decisa  prima  della  scadenza  del  termine  finale  di
sospensione dei termini processuali (15 settembre 1975), non e'  meno
vero che in quel momento egli era chiamato a fare applicazione  delle
disposizioni di legge della cui legittimita' costituzionale dubitava.
Ora  dal  sistema  normativo  risultante  dall'art.  1  della   legge
costituzionale n. 1 del 1948 e dall'art. 23 della  legge  n.  87  del
1953 si deduce che la pregiudizialita' necessaria della questione  di
costituzionalita' rispetto alla  decisione  del  giudizio  a  qua  va
intesa considerando tale decisione come conclusiva di  un  itinerario
logico ciascuno dei cui passaggi  necessari  puo'  dar  luogo  ad  un
incidente di costituzionalita',  ogni  qualvolta  il  giudice  dubita
della legittimita' costituzionale delle disposizioni  normative  che,
in quel momento, e' chiamato ad applicare per la prosecuzione e-o  la
definizione del giudizio. La  prospettata  "irrilevanza  di  fatto  e
sopravvenuta" della questione di legittimita'  costituzionale,  anche
se conoscibile a priori, non  implica,  pertanto,  che  la  questione
medesima non debba essere presa in esame (come gia' si  desume  dalla
sentenza n. 109 del 1981 di questa (Corte)"  (Corte  Cost.,  3  marzo
1982, n. 53). 
    Nella vicenda in esame, del resto, la questione  viene  sollevata
successivamente  all'emissione  dell'ordinanza  di  ammissione  della
prova testimoniale e di fissazione dell'udienza ma anteriormente alla
data prevista per la sua assunzione (8 settembre 2015),  ipotesi  che
rendera' in concreto determinante la decisione della Corte. 
    Deve, per mera completezza, essere  rimarcata  l'opportunita'  di
una tempestiva  pronuncia  nel  merito  anche  sotto  una  differente
prospettiva: qualora, ad esempio, si ritenesse rilevante la questione
prospettata  unicamente  nell'ambito   di   un   (diverso)   giudizio
amministrativo vertente sull'applicazione dell'art. 16, comma  2  del
decreto-legge n. 132/2014, i maggiori tempi certamente  occorrenti  -
in via amministrativa potranno, in concreto, sollevarsi contestazioni
solo a partire dalla seconda meta' dell'anno 2015 -  determinerebbero
(nell'ipotesi di dichiarazione  di  illegittimita'  della  norma)  la
necessita' di un tardivo recupero del consistente  periodo  di  ferie
arretrate, con inevitabili gravi  pregiudizi  proprio  dal  punto  di
vista dell'organizzazione giudiziaria. 
    3. Violazione dell'art. 77, comma 2  Cost.  Secondo  la  costante
giurisprudenza   della   Corte    costituzionale,    "il    sindacato
sull'esistenza e sull'adeguatezza dei presupposti della necessita'  e
dell'urgenza che legittimano il  Governo  ad  emanare  decreti-legge,
puo'  essere  esercitato  -  a  prescindere  dai  problemi   relativi
all'identificazione dei suoi limiti  -  solo  in  caso  di  "evidente
mancanza" dei requisiti stessi (sentenze n. 29 e n. 161 del 1995,  n.
330 del 1996, n. 398 del 1998, nonche' ordinanze n. 432 del 1996 e n.
90 del 1997)" (Corte costituzionale 2002, n. 16). 
    Il terzo comma dell'art. 16 del decreto-legge n. 132/2014 prevede
che "le disposizioni di cui ai commi 1 e 2" - accomunate anche  sotto
il profilo dell'entrata  in  vigore,  circostanza  che  ne  corrobora
l'inscindibile  connessione  -  "acquistano  efficacia  a   decorrere
dall'anno 2015". 
    Ritiene questo Giudice che una decretazione d'urgenza adottata il
12 settembre 2014 ed avente ad oggetto - in relazione al citato  art.
16 - una riduzione dei periodi di  sospensione  feriale  dei  termini
processuali e di  ferie  dei  magistrati,  con  effetto  a  decorrere
dall'anno 2015, si ponga in contrasto manifesto  con  il  presupposto
dell'urgenza di provvedere. 
    Si tratta, invero, di disposizione destinata a produrre i  propri
effetti non prima dei mesi di luglio e agosto 2015,  viepiu'  laddove
si considerino: 
    a) l'inizio del periodo di sospensione  feriale  dei  termini  in
data 6 agosto 2015; 
    b) l'esigenza, relativa a ragioni  di  buona  organizzazione  del
servizio Giustizia, che i magistrati godano di regola  delle  proprie
ferie in via continuativa e durante il periodo di sospensione feriale
dei termini (se pur, come e' ovvio, con apposita turnazione  volta  a
garantire la trattazione  dei  procedimenti  esclusi  dalla  predetta
sospensione); 
    c) la tendenziale  e  gia'  richiamata  coincidenza  del  congedo
ordinario goduto dal magistrato con il  periodo  feriale  fissato  al
principio di ogni anno (nell'ambito della stagione estiva), ai  sensi
dell'art. 90 ord. giud. (C.S.M.,  delibera  dell'11  gennaio  1995  e
risposta a quesito del 21 luglio 1999; vedi anche la circolare del 20
aprile 2011); 
    d) la necessita' di fruire in  data  anteriore  delle  ferie  non
godute relative all'anno 2014, non essendo quasi mai possibile -  per
esigenze di servizio - fruire  per  intero  dei  previsti  giorni  di
congedo nell'anno di riferimento. 
    Si tratta, chiaramente,  di  tempi  assolutamente  compatibili  -
anche  qualora  si  volesse  attribuire  rilievo  ad  una  preventiva
calendarizzazione delle udienze -  con  la  deliberazione  delle  due
Camere ed il processo ordinario di formazione delle leggi. 
    4. Violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza  di
cui all'art. 3 Cost. 
    L'art. 16 del decreto-legge n. 132/2014 ha di fatto parificato il
periodo di congedo ordinario riconosciuto ai  magistrati  con  quello
degli altri impiegati civili dello Stato. 
    L'art. 36, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n.
3/1957 (congedo ordinario)  prevede,  infatti,  che  "l'impiegato  ha
diritto, in ogni anno di servizio, ad un congedo ordinario retribuito
di  un  mese  da  usufruire  in   un   solo   periodo   continuativo,
compatibilmente con le esigenze di servizio. Egli  puo'  chiedere  di
distribuire il congedo in periodi di minore durata che  non  eccedano
nel complesso la durata di  un  mese"  (la  previsione  e'  volta  ad
attuare il principio di cui all'art. 36, comma 3  Cost.,  trattandosi
di un diritto soggettivo del lavoratore,  la  cui  disponibilita'  e'
esclusa dalla norma costituzionale; vedi  anche  C.  conti  sent.  1°
dicembre 1970, n. 1039). 
    L'art. 15 della legge n. 312/1980 ha,  successivamente,  previsto
che "il congedo ordinario e' stabilito in trenta giorni lavorativi da
fruirsi irrinunciabilmente nel corso dello stesso anno solare in  non
piu' di due soluzioni, salvo eventuali motivate esigenze di servizio,
nel qual caso l'impiegato ha diritto al cumulo dei congedi  entro  il
primo semestre dell'anno successivo" (vedi anche l'art. 10,  comma  1
del decreto legislativo n.66/2003 e la direttiva n. 2003/88/CE). 
    Nella  specie  ricorre,   nondimeno,   una   parificazione   solo
apparente, poiche' la riforma non ha derogato alla necessita' che  il
giudice rispetti i termini per il deposito  dei  provvedimenti  anche
qualora gli stessi scadano nel periodo di sospensione feriale  e  nel
corso del periodo di congedi ordinario (in ordine alla necessita' che
il magistrato adempia  ai  propri  obblighi  -  ove  occorra  perfino
durante il congedo  ordinario,  v.  C.S.M.  S.D.  sent.  n.  61/2006,
pronuncia relativa ad un casi in cui al giudice era stato concesso un
periodo di ferie  proprio  per  lo  smaltimento  dell'arretrato).  Il
magistrato sara', dunque, tenuto - come in passato -  a  prestare  la
propria attivita' lavorativa anche  durante  il  periodo  di  congedo
ordinario,  non  potendo   sottrarsi   all'obbligo   di   predisporre
depositare gli atti i cui termini scadano  nel  corso  delle  proprie
ferie o, com'e' intuibile, nei primi giorni dal rientro in  servizio:
il principio e' applicabile  tanto  laddove  siano  previsti  termini
meramente ordinatori (la cui violazione  puo',  tuttavia,  comportare
sanzioni di tipo civile, penale e disciplinare) quanto,  a  fortiori,
per i termini previsti a  pena  di  decadenza  (si  pensi,  a  titolo
esemplificativo, ad una riserva  assunta  all'esito  dell'udienza  di
convalida dell'arresto; art. 391, comma 7 c.p.p.) ovvero relativi  ad
ipotesi  in  cui  sussiste   l'urgenza   di   provvedere   (quali   i
provvedimenti cautelari civili e penali). 
    Viene,  in  tal  modo,  delineato  dal  legislatore  un   assetto
normativo - relativo a professione particolarmente delicata, sol  che
si  pensi  agli  effetti  prodotti   dall'attivita'   giurisdizionale
nell'esercizio di un potere dello  Stato,  nella  quale  sarebbe  per
converso ragionevole la garanzia di una maggiore  ponderazione  delle
decisioni (profilo al  quale  si  rivela  strettamente  correlato  un
congruo riposo assicurato al magistrato, tanto piu'  in  presenza  di
carichi di lavoro notoriamente sproporzionati per eccesso) - che  non
potra' per definizione assicurare la concreta ed integrale  fruizione
dei trenta giorni di congedo ordinario  riconosciuti  agli  impiegati
civili dello Stato (si omette, per ragioni di  mera  semplificazione,
un esame di taluni ordinamenti speciali improntati al  riconoscimento
di piu' ampie tutele): disparita' di trattamento non  giustificata  e
non ragionevole. 
    A cio' si aggiunga la persistente  necessita'  di  garantire  una
turnazione  nel  periodo  di   sospensione   feriale   dei   termini,
circostanza che - unitamente alla frequente impossibilita' di  fruire
del periodo residuo di congedo al termine  della  pausa  estiva,  per
esigenze   di   servizio   relative   alla   ripresa   dell'attivita'
giurisdizionale e  ricorrenti  nella  predisposizione  delle  tabelle
feriali nonche' dei provvedimenti organizzativi  da  parte  dei  capi
degli uffici - continuera' a favorire, pur  nel  differente  contesto
normativo (caratterizzato da una notevole compressione  dello  stesso
congedo), la prassi del recupero  delle  ferie  non  fruire  soltanto
nell'anno successivo a quello di riferimento. 
    L'omessa previsione, sia nella normativa primaria che  in  quella
secondaria,  di  carichi  massimi  di  lavoro  per  la   magistratura
ordinaria ha peraltro attribuito alla sospensione feriale dei termini
(volta a garantire, anzitutto, un periodo di riposo per gli avvocati)
e al periodo di congedo riconosciuto ai magistrati ordinari  ex  art.
90, comma 1 ord. giud. (piu' ampio di quello  degli  altri  impiegati
civili delle  Stato)  la  concreta  funzione  di  una  congrua  pausa
nell'esercizio dell'attivita' giurisdizionale (per tutte le parti del
processo, salve le prescritte eccezioni): un'attivita'  nella  quale,
per ragioni sistemiche cui si  e'  rivelata  del  tutto  estranea  la
(elevata) produttivita' dei magistrati italiani, i flussi in  entrata
hanno costantemente superato da un punto  di  vista  quantitativo  la
capacita' annua di definizione  dei  procedimenti  e  di  smaltimento
dell'arretrato. 
    E', in merito, purtroppo nota unicamente agli addetti  ai  lavori
la prassi - seguita per spirito di abnegazione prima ancora  che  per
le citate motivazioni attinenti al maturare dei termini  di  deposito
degli atti - di espletare la propria attivita' lavorativa,  da  parte
dei magistrati, anche  nel  corso  dei  giorni  festivi  nonche'  dei
periodi di congedo ordinario e di sospensione feriale dei termini. 
    Va,   ancora,   posto   l'accento   su   ulteriori   peculiarita'
dell'attivita'   giudiziaria,   soggetta   per   i   magistrati    al
perseguimento  di  obiettivi  di  rendimento  -  nell'adempimento  di
funzioni di rilievo costituzionale - ma  non  al  rispetto  di  orari
massimi di lavoro, che per converso garantiscono la  generalita'  dei
lavoratori dipendenti (art. 36, comma 2 Cost). 
    Essendo immutato il contesto  di  riferimento  (basti  citare  la
cronica  e  rilevante  scopertura  nell'organico  della  magistratura
ordinaria), la drastica riduzione del periodo di sospensione  feriale
dei termini processuali e la considerevole riduzione del  periodo  di
congedo   ordinario   riconosciuto   ai   magistrali   producono    -
potenzialmente - l'effetto di aumentare i provvedimenti in riserva di
decisione a parita' di risorse umane e materiali,  pur  essendo  gia'
notevoli tanto i rendimenti garantiti in termini assoluti (ai vertici
tra le Nazioni europee: vedi il  rapporto  della  CEPEJ  dell'ottobre
2010) quanto i carichi di lavoro e gli standards pretesi  (si  pensi,
ad esempio, alle numerose riforme intervenute nel corso degli  ultimi
decenni  in  materia  di  responsabilita'  civile,   valutazioni   di
professionalita', programmi ex art. 37 del decreto-legge n. 98/2011). 
    Dei rilievi sopra formulati era,  evidentemente,  consapevole  il
legislatore nell'originale formulazione dell'art. 90,  comma  1  ord.
giud (poi modificato dagli articoli 2, legge n. 704/1961 e 8 legge n.
97/1979), ove si disponeva  che  "i  magistrati  delle  corti  e  dei
tribunali hanno un periodo annuale di ferie di giorni  sessanta.  Nei
primi quindici giorni definiscono gli affari e gli atti in corso". 
    5. Qualora - in sede di conversione - il Parlamento  introducesse
un'ipotesi di sospensione del decorso dei  termini  previsti  per  il
deposito degli atti da parte del magistrato  durante  il  periodo  di
congedo ordinario finito, al fine di superare parte delle  criticita'
emerse, sussisterebbero ulteriori profili di violazione  dell'art.  3
Cost. in ordine alle citate previsioni dell'art. 16 del decreto-legge
n. 132/2014. 
    Per un verso, sarebbe  giuridicamente  inammissibile  ovvero  del
tutto irragionevole immaginare  simili  ipotesi  di  sospensione  per
l'adozione  di  provvedimenti  sottoposti  al  rispetto  di  rigorosi
termini di decadenza (e' il caso, ad esempio, delle  riserve  assunte
nelle udienze di convalida dell'arresto in flagranza di reato  o  del
fermo di indiziato di delitto, laddove viene in rilievo un  principio
riconducibile alle tutele di  cui  all'art.  13,  comma  3  Cost.)  o
comunque urgenti (perche', ad esempio, aventi natura cautelare). 
    D'altro canto, l'eventuale esclusione dall'ambito di una siffatta
sospensione di tali  e  analoghe  fattispecie  nonche'  di  tutte  le
ipotesi  gia'  escluse  dalla   sospensione   feriale   dei   termini
processuali - per  il  ragionevole  intento  di  non  paralizzare  il
processo decisionale proprio nelle materie trattate  nel  periodo  di
sospensione feriale - riproporrebbe le censure sopra motivate sub 4),
per  la  violazione  del  principio  di  eguaglianza:  il  magistrato
sarebbe, infatti, in ogni caso tenuto ad impiegare parte del  proprio
periodo di  congedo  ordinario  (ora  parificato  a  quello,  in  via
generale, previsto per gli impiegati civili dello Stato) al  fine  di
provvedere al tempestivo deposito degli atti, in tal modo finendo  di
fatto di un periodo di ferie inferiore a quello di un mese  garantito
agli altri lavoratori. Sotto altro profilo, l'eventuale previsione di
una - se pur parziale - sospensione dei termini per il deposito degli
atti da parte del magistrato produrrebbe  l'effetto  di  legittimare,
rispetto al contesto normativo riformato, il ritardato  deposito  dei
provvedimenti; se, ad esempio, sulla base dell'attuale ordinamento il
giudice e' tenuto a depositare un atto entro il 31 agosto  (ancorche'
tale data ricada all'interno del periodo di sospensione feriale e, in
ipotesi, del proprio periodo di congedo ordinario),  una  sospensione
di trenta giorni del termine -  in  linea  con  i  trenta  giorni  di
congedo  ordinario  ora   riconosciuti   dall'art.   16,   comma   2,
decreto-legge  n.  132/2014  -   legittimerebbe   il   deposito   del
provvedimento entro la successiva data del 30 settembre. 
    Per tal via, una disciplina volta a  garantire  una  piu'  rapida
definizione  dei  procedimenti  ed   una   riduzione   dell'arretrato
produrrebbe l'effetto  contrario,  in  violazione  del  principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.».